“I leader mostrano

 la visione del futuro

motivando, guidando, ispirando,

ascoltando, persuadendo e,

soprattutto, creando risonanze”

D. Goleman

Riassunto: Per istituire un modello cooperativo di gestione delle organizzazioni e delle istituzioni, che sia efficace ed efficiente, è necessaria una leadership etica, capace di attivare un giusto sistema di relazioni, compartecipi e corresponsabili. Da qui, la necessità d’individuare e formare tanti leader etici, capaci di guidare e coordinare, esercitando empatia e valorizzando tutti i membri di un gruppo, per renderlo organico e coeso. Un leader etico, per questo, coordina e non ordina, ispira e non indica, persuade e non impone. Costituisce il tono emotivo di un’organizzazione. Una leadership etica, pertanto, può nascere solo all’interno di un ben organizzato modello a rete.

Abstract: To set up a cooperative management model of organizations and institutions, which is effective and efficient, ethical leadership is needed, capable of activating a just system of relationships, sharing and co-responsibility. Hence, the need to identify and train many ethical leaders, capable of guiding and coordinating, exercising empathy and valuing all the members of a group, to make it organic and cohesive. For this reason, an ethical leader coordinates and does not order, inspires and does not indicate, persuades and does not impose. It sets the emotional tone of an organization. An ethical leadership, the refore, can only arise within a well-organized network model.

Funzione di una leadership è quella di guida e direzione. Per guidare si deve sapere in quale direzione andare: si tratta dei fini da perseguire. Per dirigere si deve saper coordinare, sapendo assegnare compiti e attribuire funzioni: si tratta dei mezzi da individuare.

E’ all’interno di tale sistema che devono poter emergere i leader, come persone che si sono dimostrate adatte per determinate attività, individuati attraverso il loro modo di fare e di agire, e conseguentemente proposti per gli scopi che ci si prefigge.

Il tutto deve poter essere vissuto in un’atmosfera di condivisione, compartecipazione e corresponsabilità.  

Le caratteristiche essenziali di una leadership etica, pertanto, consistono in tre basilari condizioni, che richiedono atteggiamenti coerenti e competenze conseguenti:

  • a) il perseguimento di fini comuni;
  • b) il coordinamento dell’azione collettiva;
  • c) la valorizzazione di ogni membro di un gruppo.

1. Le virtù etiche.

Una leadership assume la qualifica di “etica”, quando i suoi leader sviluppano e attestano delle virtù etiche. Sono virtù etiche tutti quegli atteggiamenti volti al giusto come principio di riferimento e all’adatto e all’equo come situazione ambientale ed esistenziale.

Per virtù etiche s’intendono tutti quegli atteggiamenti, aventi per ispirazione la giustizia e per pratica la correttezza. Si caratterizzano per la qualità dei rapporti umani, riguardanti la lealtà, l’onestà, la trasparenza e soprattutto l’equità. Il cercare di essere equi riguarda sempre le circostanze in cui ci si viene a trovare e le condizioni attraverso le quali si può operare.

Un leader etico si qualifica – essenzialmente – per le virtù relazionali e comunicative, considerato che si pone al centro di un organico sistema di relazioni. Per questo, è colui che riesce a farsi coinvolgere empaticamente, ossia a farsi partecipe di situazioni ambientali e relazionali, dove al centro ci siano sempre le persone, intese come dimensione di valore e dignità di ogni essere umano. Di fatto, come responsabile di un servizio o di un’attività.

Il leader etico rappresenta il tono emotivo di un’organizzazione. Si tratta del saper essere cassa di risonanza emotiva delle sensazioni e dei sentimenti di una comunità o di un gruppo di cui si fa parte.

2. L’apprendimento organizzativo

Una leadership è costituita sempre da un gruppo, che trova in uno o più leader una funzione di coordinamento, creando una sinergia di progettazione ideativa e partecipazione collaborativa.

Si tratta di valorizzare le capacità individuali e sollecitare relazioni di rispetto e cooperazione, rendendo ogni persona consapevole del proprio compito e del valore del proprio impegno. Si può parlare, per questo, di un vero e proprio “apprendimento organizzativo”[1]. E’ di fronte alla problematicità delle situazioni che l’elaborazione d’ipotesi e la scelta delle migliori soluzioni possono assumere un valore fattivo e un significato pregnante. Per questo, si basa su tutto ciò che si è appreso assieme, per risolvere problemi, migliorare il clima ambientale, sollecitare la partecipazione attiva, valorizzare l’apporto di tutti i membri, producendo in tal modo un continuo miglioramento dei servizi forniti e dei beni generati.

La partecipazione diffusa e il confronto costante ne devono, pertanto, essere le condizioni di realizzabilità. Questo deve poter essere lo stile quotidiano di una condivisione lavorativa, dove apprendere a migliorare giorno per giorno le condizioni di lavoro e le modalità attuative. Tutto ciò, attraverso il dialogo e la pertinente discussione sulle procedure e sui momentanei risultati. E’ in tal senso che va sempre ricordato che “i manager non risolvono problemi: gestiscono grovigli[2].

E’ facendosi coinvolgere che si possono comprendere necessità ed esigenze, nonché rilevare difficoltà e prevenire disagi. Comprendere realmente diventa possibile, infatti, se si crea un coinvolgimento morale e un contatto operativo. Ci deve essere, per tutto ciò, un’autentica compartecipazione emotiva.

3. La corresponsabilità

 E’ cercando di accomunarsi, che può emergere il senso della corresponsabilità: si deve essere tutti consapevoli del compito assunto e impegnati nel fornire il proprio apporto. Ci deve essere concreta corresponsabilità.

L’accomunarsi è sempre un atteggiamento dinamico e continuo, aperto ai nuovi contributi e al confronto/collaborazione fra istituzioni, gruppi e comunità. Nell’accomunamento si riducono gli attriti dell’invidia e della competizione antagonista.

Per questo, nel processo di accomunamento si deve essere consapevoli della compresenza di due fattori complementari: l’esigenza di unità e il rispetto della diversità.

Il senso dell’unità deve saper offrire al gruppo o alla comunità la consapevolezza del mettere assieme l’essenziale, ciò in cui tutti possano ritrovarsi, costituente il fine stesso dell’aggregazione. Il riconoscimento della diversità rappresenta la considerazione dell’individualità di ogni membro e della particolarità di ogni situazione di vita e condizione culturale.

La compresenza di unità e diversità  permette di combattere la tentazione controproducente della separazione, generatrice dei sentimenti malevoli della prevaricazione, sopraffazione e sfruttamento.

 Per tutto ciò fra le basilari competenze del leader etico ci deve essere la capacità di mediazione e coordinamento[3].

La mediazione rappresenta la necessità di armonizzare le varie esigenze di un ambiente lavorativo, ivi compresi dissidi e contrasti fra persone e gruppi. Riguarda anche la capacità di comporre situazioni di discordanza e conflittualità, cercando di prevenire incomprensioni e disarmonie.

Il coordinamento costituisce quell’azione di cucitura delle relazioni e delle funzioni in vista dell’azione comune, pur nella necessaria articolazione e suddivisione di compiti e funzioni. Richiede il saper gestire incontri, ascoltare, comunicare, prendere decisioni condivise, supportare e incoraggiare, seguire e valutare costantemente l’andamento delle situazioni e dei progetti, per aggiustare e correggere il tiro. Questo è il potere socializzato di un leader etico.

Tale atteggiamento può derivare solo dalla profondità delle relazioni umane e dall’ampiezza delle esperienze culturali. Da tale profondità e ampiezza deve poter discendere la consapevolezza della compresenza di più parametri esistenziali. La visione del mondo si amplia con l’espansione della coscienza[4] e con la dilatazione della comprensione.

Il leader etico deve essere consapevole che, per questo, ci sono diverse priorità e conseguenti scale valoriali, come per le età della vita.

I criteri ispirativi di una leadership etica devono poter essere ispirati da tre basilari direzioni di senso:

  • a) la condivisione;
  • b) la compartecipazione;
  • c) la corresponsabilità.

La condivisione costituisce la capacità d’individuare e perseguire fini comuni, volti al bene dei membri di una comunità di cui si fa parte, sempre ispirati da principi di riferimento etico.

La compartecipazione denota il modo attraverso il quale si portano avanti istanze comuni e ci si sente parte del gruppo, rendendosi disponibili ed operando assieme, pur nella diversità di compiti e funzioni.

La corresponsabilità, per tutto ciò, rappresenta la consapevolezza del compito e il senso del dovere che ne discende, rispetto a tutte le persone che direttamente e indirettamente ne siano coinvolte. Richiede il metterci la faccia in prima persona e il farlo assieme a tutti coloro che siano coinvolti nella suddivisione delle responsabilità[5]

4. L’arte dell’empatia

La risonanza deve poter essere atteggiamento fondamentale del leader etico. Si tratta, infatti, della capacità di far risuonare dentro di sé e negli altri il senso del gruppo, della comunità o collettività di cui ci si sente parte – come guida, riferimento e coordinamento – rassicurando, incoraggiando, valorizzando e spronando verso le finalità e gli scopi prefissati. Richiede l’arte della sintonizzazione, effetto del senso della partecipazione attiva. Per empatia, infatti, si può intendere “la capacità di riconoscere i nostri sentimenti e quelli degli altri, di motivare noi stessi e di gestire positivamente le emozioni, tanto interiormente quanto nelle nostre relazioni[6].

L’empatia deve, per questo, poter essere una dote basilare per il leader etico. Si tratta della capacità di sapersi decentrare e del volerlo fare, per comprendere problematiche e rendersi conto delle difficoltà altrui. Da qui la capacità di venire incontro alle persone con cui si lavora e rispetto alle quali ci si fa di volta in volta responsabile. Richiede l’autoconsapevolezza e l’arte dell’immedesimazione, effetto del decentramento dall’egocentrismo.

Essendo chiamato a essere empatico, il leader etico deve poter essere un seminatore: un seminatore di idee, di modelli, di prospettive e fondamentalmente di speranza, nell’indicare le direzioni e le modalità del miglioramento.

Chiamato ad essere risonante – all’interno di un gruppo, comunità o collettività – il leader etico deve poter essere un tessitore: un tessitore di relazioni, di situazioni, di ambienti, di comunità e fondamentalmente di solidarietà, nel comporre dissidi e superare incomprensioni, nonché nel determinare l’atmosfera di condivisione e compartecipazione di un ambiente di lavoro e di vita.

Il leader etico, per tutto ciò, è colui che ha consapevolezza del proprio stato emotivo. E’ colui che si sottopone ad una obiettiva autovalutazione. E’ colui che ha fiducia in se stesso e nei suoi collaboratori. E’ colui che sa gestire le proprie emozioni, attraverso l’autocontrollo. E’ colui che cerca di essere trasparente. E’ colui che è adattabile. E’ colui che è orientato al risultato. E’ colui che resta ottimista nelle difficoltà. E’ colui che esercita empatia e che ha consapevolezza del valore e della funzione dell’organizzazione. E’ colui che sa gestire i rapporti interpersonali e  sa sviluppare le potenzialità altrui. E’ colui che  gestisce al meglio l’energia di tutto il gruppo. E’ colui che si fa agente di cambiamento, consapevolmente e responsabilmente[7].

In tal senso, un leader etico è colui che ha la visione di un nuovo modello d’impresa, non impostata tanto sulle regole di mercato ma volta a pensare in termini di valore, quali sono il patrimonio delle conoscenze, le competenze, le risorse umane, i processi affidabili[8].

In tale ottica deve costituirsi una nuova “civiltà dell’empatia”, per costituire una “civiltà della cooperazione”. Questo richiede la formazione di un nuovo tipo di coscienza, che sia nel contempo autobiografica, drammaturgica e planetaria. Per questo, Jeremin Rifkin sostiene che “l’efficiente uso del tempo, volto a massimizzare l’interesse particolare materiale, lascia il posto a un uso empatico del tempo, volto ad approfondire i rapporti civili e a servire l’ambiente[9].

Essere leader etici, pertanto, significa suscitare entusiasmo e sentimenti positivi nelle persone che ci circondano. Significa saper sollecitare, coinvolgere e trascinare, in forza dell’autorevolezza attestata e dimostrata. Per questo, Daniel Goleman sostiene che “il dispotismo non serve, la bravura e la competenza non sono sufficienti: la prerogativa della leadership è, infatti, di natura emozionale[10] . Bisogna diffidare, per questo, dei “leader dissonanti”, ossia di coloro che non possiedono e testimoniano i valori che professano.

Per tutto ciò, l’empatia è alla base dell’etica. Se per etica intendiamo quella spinta interiore rivolta verso il giusto e il buono – quale tensione interiore e impegno collettivo, che determinano anche la nostra coscienza sociale – allora si deve riconoscere che, senza un decentrarsi dal proprio ego, non si può sviluppare quella coscienza collettiva che deve oggi costituire la nuova etica planetaria.  

5. La funzione del gruppo

Il leader etico è spinto dalla passione etico-sociale. La sua azione, infatti, è sempre riferita all’intenzionalità della motivazione ideale. Ciò che si rende necessaria, pertanto, è la capacità di alimentare e controllare tale passione. Questo diventa possibile grazie al supporto e alla sollecitazione di un gruppo, in cui si è iscritti o che si sta formando.

Il gruppo crea legami e ci mette alla prova, richiedendo spesso anche la collaborazione con altri gruppi. Così si forma il senso etico collettivo. Collaborando, infatti, si possono apprendere le quattro funzioni della leadership etica, come se fossero le quattro zampe del tavolo della cooperazione:

  • a) la collaborazione sincera;
  • b) il far emergere le disponibilità autentiche;
  • c) la valorizzazione delle attitudini personali;
  • d) la capacità di coordinamento e di guida.

Da qui, il passaggio da un’efficiente squadra a un coeso gruppo. Questo avviene quando non si è uniti solo nel momento del lavoro, del gioco o della competizione ma quando si riescono a stabilire e consolidare anche genuini legami sociali e rapporti di amicizia fra i membri.

Fare gruppo, per questo, richiede tre condizioni:

  • a) una visione dell’insieme, che comprende le finalità e il senso;
  • b) la considerazione del valore di ogni collaboratore e della sua funzione;
  • c) il coinvolgimento nelle decisioni e nelle responsabilità.

Diventa fondamentale, per questo, l’azione di coordinamento di un gruppo. Questo significa:

  • a) creare una rete di rapporti interpersonali autentici, volti a produrre un’attività o offrire un servizio;
  • b) costituire il senso d’appartenenza, nella lealtà reciproca e nell’onestà dei comportamenti;
  • c) rendere efficace ed efficiente il lavoro svolto, facilitando l’informazione e la sinergia fra i vari settori di un’organizzazione.

Affinché un gruppo non perda la sua forza propulsiva sono per questo indispensabili la supervisione e il monitoraggio.

La supervisione consente una continua valutazione e la conferma dell’appartenenza e dell’impegno. Spetta al leader etico questa azione di controllo e confronto, da effettuare senza umiliare o riprendere ma revisionando assieme e incoraggiando. Sotto valutazione deve essere sempre posta tutta la progettazione di un’attività e la conseguente programmazione. Per prima cosa devono, pertanto, essere considerati i propositi e gli intenti, per valutarne il valore, l’attendibilità e la verificabilità.

Il monitoraggio consente l’azione di supporto e di aiuto, indispensabile per un continuo rinnovamento, con le necessarie misure di adeguazione. Di fatto, ci deve essere un controllo sociale reciproco.

6. Gli esercizi mentali.

Supervisione e monitoraggio richiedono tutta una serie di esercizi mentali. A questo serve l’esercitare la sollecitudine e la similitudine – seguendo in questo Paul Ricoeur[11] – per attivare rapporti personalizzati e per produrre fattiva disponibilità e sincero senso di cooperazione. È all’interno di tali modalità relazionali dell’attenzione verso l’altro e della percezione di similarità, che si possono riuscire ad attivare rapporti di interventi adeguati.

Da tali esperienze di cooperazione si possono sperimentare tutte quelle modalità relazionali che, in quanto tali, permettono di riconoscere il valore della reciprocità etica. Tutto ciò discende dalla caratteristica dell’Homo sapiens di cooperare in modo flessibile[12].

Il leader etico, a tale riguardo, dovrebbe servirsi di quattro esercizi mentali, per creare le condizioni della cooperazione.

Il primo esercizio è quello di cercare di utilizzare il più possibile, nei suoi discorsi e nel suo relazionarsi, il “noi” di condivisione e di partecipazione, rispetto al “me” di percezione e all’ “io” di considerazione.

Il secondo esercizio è quello di cercare di partire sempre da ciò che si può approvare assieme, mettendo in secondo piano ciò che non si condivide e che può separare.

Il terzo esercizio è quello di rendersi conto che ogni circostanza che ci si presenta, ivi comprese le avversità, rappresenta una prova e quindi un’opportunità per mettere in atto atteggiamenti di comprensione, pazienza e perseveranza nel portare avanti i progetti stabiliti.

Il quarto esercizio è che si debba decidere, dopo un’adeguata discussione e riflessione, secondo i tempi e le modalità richieste dalle urgenze e esigenze del momento.

7. Il sentirsi in rete.

Una leadership etica, per quanto sostenuto, può nascere solo all’interno di un modello a rete. E’ per questo che è sempre indispensabile che venga dalla periferia delle istituzioni e delle realtà sociali la sollecitazione ad assumere compiti al centro del sistema.

Sentirsi in rete significa aver consapevolezza della presenza degli altri e della loro funzione e valore. In tal senso il leader etico è colui che facilità e valorizza l’azione altrui, riconoscendone la funzione e l’utilità per tutta la rete. Da qui, l’obiettività delle sue rilevazioni e la razionalità delle sue proposte, derivanti dalla consapevolezza di esser parte di un sistema di relazioni e del valore di ogni persona all’interno di esso.

Un leader etico si caratterizza essenzialmente per le virtù relazionali, considerato che si pone al centro di un organico sistema di relazioni. Tale sistema è il sistema a rete, in cui ci si sente collegati con tutti e il potere e suddiviso fra tutti, pur nella distinzione di funzioni e compiti.

Per questo, l’eticità può esser salvaguardata non entrando nella mentalità del sistema piramidale. La rettitudine non si basa sulla funzione svolta e sulle conoscenze acquisite ma sulla saggezza maturata. E’ ciò che Paul Ricoeur delinea come “potere-in-comune”, ossia come “capacità dei membri di una comunità storica di esercitare in modo invisibile il loro vivere insieme[13]. Per tendere verso tale dimensione un leader etico deve, pertanto, cercare di armonizzare dentro di sé l’aspetto emotivo e quello cognitivo, la consapevolezza del suo essere e la presenza dell’altro, l’anelito di libertà e il senso di responsabilità.

Per tutto ciò, sotto valutazione deve essere sempre posta tutta la progettazione di un’attività e la conseguente programmazione dei tempi e dei modi. Per primi devono, pertanto, essere sempre considerati i propositi e gli intenti, per valutarne il valore, l’attendibilità e la realizzazione. Tutto questo spetta a una leadership etica.


[1] Demetrio D. (1995), Apprendere nelle organizzazioni, NIS, pp. 68-95.

[2] Schòn D. (1993), Il professionista riflessivo, Dedalo, p. 44.

[3]Mollo G. (2016), Il leader etico, Morlacchi, p. 41.

[4] Cfr. Mollo G. (2018), Filosofando sull’educazione, Morlacchi, p. 61-69.

[5] Quaglino G. P. (1999), Scritti di formazione 1978-1998, Franco Angeli, pp. 192-195.

[6] Goleman D. (1998), Lavorare con l’intelligenza emotiva, Bur, p. 375.

[7] Cfr. Quaglino G. P. (1992), Leadership e cambiamento, Franco Angeli.

[8] Capucci U. (2000), Un modello di competenze per l’impresa e un modello di sviluppo per il formatore, in Amietta P. L., I luoghi dell’apprendimento, Franco Angeli, pp. 62-64.

[9] Rifkin J. (2011), La civiltà dell’empatia, Mondadori, p. 547.

[10] Goleman D. (2018), Essere leader. Guidare gli altri grazie all’intelligenza emotiva, Bur, p. 218.

[11] Ricoeur P. (2001), Il Sé come un altro, Jaka Book, pp. 282-286.

[12] Harari Y. N. (2017), Homo sapiens, Bompiani, pp. 206-207.

[13] Ricoeur P. (2001), Il Sé come un altro, Jaka Book, p. 321.

Condividi:

  • Gaetano Mollo

    Gaetano Mollo, già professore ordinario di "Filosofia dell'educazione" all'Università di Perugia, è stato presidente del corsi di laurea in "Filosofia" e "Etica delle relazioni umane". Oltre alle cinque discipline, che ha insegnato all’Università (Filosofia dell’educazione, Pedagogia generale, Pedagogia sociale, Didattica generale e Metodologia e Didattica), ha insegnato anche presso il Teologico di Assisi, le Scuole di specializzazioni per insegnanti e l’Istituto Progetto Uomo. É autore di circa 380 pubblicazioni, fra cui gli ultimi libri: La civiltà della cooperazione, Il leader etico, Filosofando sull’educazione, Bulli si diventa, Al rogo. L’ultimo Gran Maestro dei Templari. Ha svolto circa 800 relazioni - tra convegni scientifici e conferenze - in tutta l’Italia ed anche in Germania, Spagna, Svizzera e Romania. E' presidente - dal 2003 - del Comitato del Comune di Foligno per lo studio e la promozione dell’Opera di Pietro Ubaldi. In tale veste, oltre a una decina fra saggi e articoli, ha scritto i libri Pietro Ubaldi biosofo dell’evoluzione umana e La Visione di Pietro Ubaldi (www.gaetanomollo.it).