Abbiamo chiesto al Prof. Piero Mella, Università di Pavia, uno tra i maggiori esperti in Italia di Systems Thinking, di aiutarci a comprendere qualcosa di più riguardo questo approccio allo studio dei sistemi e alla loro complessità.
Si tratta di un argomento cruciale per la vasta comunità internazionale di professionisti che si occupano di progetti. Poiché se nel passato pensavamo di scomporre i fenomeni organizzativi per poi ricondurli all’interno di meccanismi o schematismi fissi caratterizzati da regolarità, ripetibilità, controllabilità, oggi sappiamo che un progetto, come qualunque altro sistema, esige, al contrario, un approccio organico, sistemico, dinamico, aperto; poiché la sua vita si esplica sul filo di una serie innumerevole di reti fatte di interrelazioni, connessioni, comunicazioni, interdipendenze interne ed esterne. Gestione, reattività, adattabilità e personalizzazione sono possibili ma solo dove questa complessità viene investigata e compresa. Il che rende questa disciplina straordinariamente attuale e importante.
Il Prof. Piero Mella (http://www.pieromella.it/) ha rivestito diversi ruoli nell’ambito dell’Università di Pavia. E’ autore di numerosissime pubblicazioni, tra le quali, Mella, P. (2021, 1st Ed. 2014). The Magic Ring. Systems Thinking Approach to Control Systems (Second Edition). Springer Nature, Switzerland. E’ inoltre il direttore della Rivista ECONOMIA AZIENDALE ONLINE, www.economiaaziendale.it, pubblicata da Pavia University Press.
La Redazione

Non sbirciare oltre il muro dell’ignoranza.
Prendi la Scala del Systems Thinking …
Abstract
Italiano. Per sopravvivere in un “mondo” in continua evoluzione, dobbiamo sviluppare la nostra intelligenza, imparare rapidamente a costruire modelli per comprendere i processi di cambiamento e i loro effetti, a lungo o breve termine, vicini o lontani rispetto a noi, nello spazio, e, se possibile, per dominarli, cioè prevederli e controllarli. Questo breve articolo presenterà le idee principali di Peter Senge [1] sul pensiero sistemico, o Systems Thinking. Questo termine indica non solo una tecnica, ma, principalmente, una disciplina e un linguaggio per interpretare, spiegare e comunicare in modo efficiente ed efficace i fenomeni dinamici del nostro “mondo”.
Inglese. To survive in a world of change, we must develop our intelligence, to quickly learn to construct models to understand processes and their effects, long or short term, close or distant to us in space, and if possible, to dominate them, that is, predict and control them. This article will present the main ideas of Peter Senge [1] on Systems Thinking, which is considered not only as a technique but primarily as a discipline and a language for efficiently and effectively interpreting, explaining, and communicating the dynamics of our world.
1. I modelli sono l’essenza della conoscenza
Nell’antica saggezza dei proverbi si legge:
«Alcuni guardano senza vedere. Altri vedono senza guardare».
Come possiamo interpretare queste parole, al di là di un ingenuo senso mistico? Quale significato possiamo derivarne? Suggerisco di sostituire “guardare” e “vedere” con “osservare” e “capire” riformulando il detto come segue:
«Alcuni osservano senza capire. Altri capiscono senza (dover) osservare».
Più chiaramente ancora, sostituiamo “osservare” e “capire” con “descrivere” e “spiegare”; si ottiene un più evidente significato:
«Alcuni descrivono senza spiegare. Altri spiegano senza (dover) descrivere».
In questi termini l’interpretazione appare più agevole.
Sappiamo [2] che “capire il mondo” significa, di fatto, essere in grado di costruirne modelli coerenti e dotati di senso, che ci consentano di formare e trasmettere nuove conoscenze; coerenti, in quanto non devono essere in contrasto con altri modelli ritenuti efficaci, non devono essere incompatibili con le nostre conoscenze, ma devono integrarsi con il nostro sapere; dotati di senso, in quanto devono essere, direttamente o indirettamente, collegati con la “realtà” osservata o teorizzata, tenuto conto della sua natura.
I modelli devono, pertanto, rappresentare, in modo semplificato, ma efficace, una parte di realtà e devono essere costruiti con un linguaggio non ambiguo, impiegando strumenti e tecniche che siano relativamente facili da apprendere e da comunicare nell’ambito di una certa comunità. Essi devono consentirci di ricostruire (modelli descrittivi), o di simulare (modelli operativi) ciò che rappresentano, sia esso un oggetto concreto (la struttura delle Alpi, la nave che sta entrando in porto, gli invitati al matrimonio di mia cugina), oppure un processo (il comportamento di un branco di elefanti, il fallimento di una campagna di aiuti umanitari, lo scoppio del microonde), o anche solo entità di pura fantasia (com’è fatto l’Unicorno, qual è la struttura dell’Inferno di Dante, ecc.).
Il processo di conoscenza (l’apprendimento, il conoscere, il “learning”) è la formazione e la continua modificazione del “sistema dei modelli” che formano il sapere. Le persone intelligenti sono quelle che capiscono e apprendono velocemente ed efficacemente; che non si accontentano di “guardare il mondo con gli occhi” (oggetti, fatti, fenomeni e processi), ma che sono in grado di “vedere il mondo con la mente”, costruendo modelli per “sapere” com’è (descrizione), come funziona (simulazione) e come si possa agire in esso (decisione e programmazione) anche senza il bisogno, o la possibilità di “guardare ogni cosa”.
Dobbiamo renderci anche conto che, nella maggior parte dei casi, “ciò che ci interessa capire” non si può osservare; al contrario, una parte del nostro “mondo” deriva unicamente da modelli, costruiti spesso senza poter osservare una realtà che sfugge ai nostri sensi e, altrettanto di frequente, in contrasto con ciò che si osserva: i modelli rappresentano la realtà, ma questa deriva da quelli.
«Tutto ciò che si muove è destinato a fermarsi, a meno che una forza non lo mantenga in movimento.»: era questa la “realtà”, che per centinaia di generazioni, l’uomo aveva “guardato”. Come si è modificata questa “realtà” da quando Newton ha “visto” che valeva proprio il contrario, formulando il modello che, semplificando, recita: «Tutto ciò che si muove è destinato a mantenersi in movimento a meno che una forza non lo arresti.». E quanto è incredibile pensare che egli sia riuscito a “vedere” la teoria della “gravitazione universale” osservando il cadere al suolo di una mela!
Chi ha mai potuto osservare qualche evoluzione di specie? Eppure, il genio di Darwin è riuscito a “vedere” in migliaia di specie diverse gli effetti dell’evoluzione.
E chi “guarda” l’arrotolarsi delle nubi, i solchi irregolari nei ghiacciai, i mulinelli nei fiumi e l’incresparsi delle acque negli oceani vede meravigliosi fenomeni della natura e può passare ore e ore a bearsi di quegli spettacoli. Eppure, qualcuno è riuscito a “vedere” in essi l’effetto delle forze fluidodinamiche che provocano dinamiche caotiche.
E che dire della stupefacente “visione” di Albert Einstein e dei modelli, ancora insuperati, della sua “relatività”?
2. Il ruolo del Systems Thinking come tecnica e linguaggio di conoscenza
Se la capacità di “vedere”, e non semplicemente di “guardare”, dipende dall’abilità di costruire modelli per capire, spiegare e simulare il mondo nelle sue dinamiche, ritengo che i modelli più utili ed efficaci, per potenziare la nostra intelligenza, siano quelli sistemici elaborati secondo la logica del Systems Thinking, opensiero sistemico.
Propongo la definizione di Peter Senge: «Il pensiero sistemico [è] un modo di pensare, e un linguaggio per descrivere e comprendere, le forze e le interrelazioni che modellano il comportamento dei sistemi. Questa disciplina ci aiuta a vedere come cambiare i sistemi in modo più efficace e ad agire in modo più in sintonia con i processi più ampi del mondo naturale ed economico.» [3].
Quelli elaborati dal System Thinking non sono certo gli unici modelli capaci di aumentare la nostra intelligenza del mondo, ma, a mio parere, la loro efficacia cognitiva deriva dalla facilità di costruzione e di comunicazione; non richiedono altre doti, se non la perspicacia e l’acume; fanno ricorso a tecniche elementari; sono comprensibili anche per i non addetti ai lavori e possono essere facilmente comunicati, posti in discussione e migliorati; consentono di imparare insieme per aumentare collettivamente la comprensione del mondo; possono essere, senza troppe difficoltà, tradotti in modelli quantitativi di simulazione.
Non dobbiamo certo accontentarci solo dei modelli del System Thinking, ma, per chi non ha molto tempo o risorse da dedicare alla costruzione di modelli più sofisticati (e certamente meno immediati), vale sempre il proverbio: «Beati monocoli in terra coecorum», cioè, in un mondo dinamico e complesso, Beati coloro che, sapendo costruire i modelli del System Thinking, hanno almeno un occhio in una terra di ciechi.
Il Systems Thinking è indicato da Senge non come una tecnica o un metodo, ma come una disciplina, nel senso che si richiede al systems thinker conoscenza approfondita e applicazione costante delle regole, nonché volontà di migliorarsi costantemente: «Per “discipline” non intendo un “ordine nei comportamenti”, oppure “sistemi punitivi”, ma un corpo di teorie e di tecniche che per essere messo in pratica deve essere studiato e padroneggiato. Una disciplina è un percorso di sviluppo per acquisire certe abilità o competenze. Praticare una disciplina significa apprendere per tutta la vita. “Non si arriva mai”; si passa l’intera vita a padroneggiarla.» (Senge, 1990/2006), pp. 11-12).
3. Il Systems Thinking in cinque regole-base
Ma in cosa consiste il pensiero sistemico? Quali sono le sue basi logiche e teoriche?
Nel suo eccellente libro, La quinta disciplina [4], Peter Senge presenta il pensiero sistemico in modo intuitivo, ma non esplicita, in una forma strutturata, le “regole” alla base di esso. Nel mio libro, “Systems Thinking” [5], ho formalizzato la struttura logica del pensiero sistemico, presentando cinque regole fondamentali che il pensatore sistemico deve seguire in ogni momento e in forma integrale, se vuole applicare il Systems Thinking.
Prima regola: se vuoi “capire il mondo”, devi essere capace di «vedere gli alberi e la foresta»; devi sviluppare l’attitudine a “zoomare” tra tutto e parti e tra parti e tutto, tra unità e componenti, tra micro e macro dinamiche. Quindi: impara a zoomare in, verso il piccolo, e out, verso il grande .
Seconda regola: non devi limitare la tua osservazione a ciò che appare “costante”, ma ricercare “ciò che varia nel tempo”; le variabili temporali sono ciò che interessa al systems thinker. Non devi, però, limitarti a esplicitare le variabili che ritieni significative, ma devi essere anche in grado di rilevare le “variazioni” che esse subiscono nel tempo [6]. Il colore di un’automobile, la marca, la targa, il proprietario, la strada percorsa di recente, ecc., non interessano al pensiero sistemico; può essere d’interesse, invece, indagare se e come la pressione dell’acceleratore e del freno, lo scalare delle marce, la pendenza della strada, il cambiamento dello stato dell’asfalto, intesi come “variabili cause”, siano connessi alla velocità dell’auto, assunta come “variabile effetto”. Per il Systems Thinking un uomo, per esempio, non deve essere “osservato” per il nome, la professione, l’altezza, la residenza, l’età, ecc. (tutte costanti), ma per l’entusiasmo, la stanchezza, la produttività, la quantità di lavoro, lo stipendio, la ricchezza, il peso, ecc. Quindi: devi sforzarti di passare da un “mondo di oggetti” – siano essi alberi o foreste – a un “mondo di variabili”. Gli oggetti devono essere “visti” come vettori di variabili.
Terza regola: se vuoi veramente comprendere la realtà e il cambiamento, devi sforzarti di “capire la causa delle variazioni” nelle variabili osservate; devi riconoscere, o supporre, le “relazioni causali” e costruire “catene (di relazioni) causali” tra le variabili che ritieni siano connesse. Occorre rendersi conto che nessuna variabile cambia spontaneamente i propri stati, ma solo come conseguenza – a causa – di un’altra variabile collegata, X. Il Systems Thinking collega sempre almeno due variabili, una causa X e un effetto Y, tramite una relazione causale lineare.
Quarta regola: per il Systems Thinking non è sufficiente osservare, o supporre, una relazione causale lineare tra la X, causa, e la Y effetto; è fondamentale ricercare se esista anche la relazione di “direzione opposta”; in effetti, se la X causa le variazioni della Y, occorre ricercare se la Y, a sua volta, non sia causa delle variazioni della X. Occorre non solo indagare le relazioni, ma ricercare le correlazioni tra le variabili. Se la X causa la Y e la Y causa, successivamente, la X, allora tra X e Y si manifesta un “loop”, un anello; i loop rappresentano gli elementi fondamentali dei sistemi dinamici indagati tramite il Systems Thinking. “Compito” del systems thinker è di “concatenare le variabili in doppia direzione”, fino a individuare i loop tra tutte le loro variazioni. In altri termini, deve passare dalle “catene causali lineari” ai “loop circolari”, o catene causali chiuse, osservati o ipotizzabili, tra le variabili; deve, necessariamente, abbandonare il “pensiero lineare”, limitato alle catene causali, e sostituirlo (o affiancarlo) con il “pensiero circolare” che cerca i loop tra le variabili, per “vedere” gli effetti delle interazioni reciproche. Vale la seguente definizione: un sistema, secondo il Systems Thinking, è una concatenazione stabile di loop che operano nel tempo in modo ripetitivo. Un insieme di variabili legate solo da relazioni lineari non rappresenta un sistema.
Quinta regola: nell’osservare il mondo, devi specificare sempre i “confini del sistema” che stai costruendo e che vuoi indagare. Non puoi “vedere un bosco senza confini”.
Note
[1] Senge, P. (2006, 2^ Ed.). The Fifth Discipline: The Art and Practice of the Learning Organization (1^ Ed. 1990). New York: Doubleday/Currency.
[2] Mella, P. (2022). Capire e imparare. L’arte dello studio. Economia Aziendale Online, 13(1), p. 125-142. Sul ruolo dei modelli per la comprensione e l’azione, chiaramente si esprime Peter Senge: “‘Mental models’ are deeply ingrained assumptions, generalizations, or even pictures or images that influence how we understand the world and how we take action (Senge 2006, p. 8)”.
[3] “Systems Thinking [is] a way of thinking about, and a language for describing and understanding, the forces and interrelationships the shape the behaviour of Systems. This discipline helps us see how to change systems more effectively, and to act more in tune with the larger processes of the natural and economic world.”. Si veda: Senge, P., Kleiner, A., Roberts, C., Ross, R., & Smith, B. (1994). The fifth discipline fieldbook. New York: Boubleday, Random House Inc.
[4] Il titolo del libro sembra alquanto originale, ma si comprende facilmente considerando che Peter Senge ha voluto “insegnare” ai manager che per sviluppare le “learning organizations”, vale a dire le organizzazioni che apprendono in quanto strutture unitarie, devono essere applicate, contemporaneamente, 5 discipline:
- Padronanza Personale o Personal Mastery
- Modelli Mentali o Mental Models
- Visione condivisa o Vision
- Apprendimento di gruppo o Team-work
- Pensiero sistemico o Systems Thinking.
Da qui l’identificazione: «Systems Thinking = Fifth Discipline».
«La quinta disciplina è il pensiero sistemico, la visione sistemica. […] È la disciplina che integra le [altre quattro] discipline, fondendole in un corpo coerente di teoria e di pratica. […] Senza un orientamento sistemico non si è motivati a guardare all’interrelazione tra le discipline. Stimolando ciascuna delle altre discipline, l’apprendimento sistemico ci ricorda continuamente che il tutto può essere maggiore della somma delle sue parti.» (Senge, 1990/2006, p. 13).
[5] Mella, P, (2012), Systems thinking. Intelligence in action. Springer, New York
[6] Consideriamo una qualsiasi variabile quantitativa, Y, e supponiamo di potere effettuare una successione di misurazioni al termine di intervalli regolari: [t1, t2, t3, t4, … ], in un definito periodo di riferimento, T, per quantificare i valori (misure, stati, quantità, ecc.) della variabile: [y(t1), y(t2), y(t3), y(t4), ecc.], che formano la traiettoria (moto, dinamica, evoluzione, andamento, ecc.) della variabile Y con riferimento a T. Ciò che interessa al Systems Thinking non sono solo i valori ma anche, e soprattutto, le variazioni che essi denotano:
Δy(t2) = y(t2) – y(t1)
Δy(t3) = y(t3) – y(t2)
Δy(t4) = y(t4) – y(t3)
ecc.
A meno che non siate astrofisici interessati a studiare le dimensioni di una galassia con al centro un black hole, contare le stelle in una notte d’agosto non vi servirà a molto per costruire un modello dell’universo stellato.